Il 2021 inizia con una promessa: portare a termine le serie tv che non mi hanno dato tanta soddisfazione. Oggi però torno a scrivervi perché necessito di darvi il mio personale resoconto su alcune questioni molto serie.
Must see
Non lo posso negare: pochissime serie tv sono state in grado di scatenarmi tanto subbuglio interiore. Sono sincera: dopo ogni puntata sento che, dentro me, qualcosa è cambiato. So benissimo che tutto ciò sembrerà strano, ma sfido ognuno di voi ad essere impassibile dinanzi ad un episodio di This is Us. Un dramma familiare, narrato su tre archi temporali, creata da Dan Fogelman e trasmessa dal 20 settembre 2016 dall’emittente NBC, ora anche su Prime.
Cinque stagioni, da 18 episodi ciascuna: uno strazio dietro l’altro. Non voglio essere fraintesa, la mia frase non ha alcuna accezione negativa. È solo la sintesi emotiva del sentimento che ne sovviene: This is Us non è una serie per tutti. Al suo interno si snodano troppe vicende, semplici, reali, lontane dal pathos onirico alla Settimo Cielo. This is Us è uno schiaffo forte e sincero, uno sbattere in faccia una realtà che noi diamo per scontato. È forse questo il valore di questa serie: non vi è nulla di così romanzato, non è una favola, non c’è un lieto fine ad ogni episodio, c’è solo l’immedesimarsi spietato in quella o quell’altra situazione. Il cast è fuori di testa e, per quanto possa essere adolescenziale quello che sto per dirvi, la verità è che Jack, interpretato da Milo Ventimiglia, riesce a far battere il cuore anche alle pietre.
Quel che verrà
Devo ammettere che sono una fan di Marco Giallini e quindi non ho potuto fare a meno di apprezzare la sua parte nel film del 2014 “Tutta colpa di Freud” diretto da Paolo Genovese. La storia di Francesco, lo psicanalista 50enne con tre figlie, diventa ora una serie tv: dal 5 febbraio su Amazon Prime Video saranno in live streaming le puntate con Claudio Bisio e Max Tortora. Solitamente sono sempre scettica nelle riprese delle riprese, dunque… vedremo!
Amarcord
Notizia fresca fresca di Netflix: nostalgici dei 2000, sì, proprio voi che non potevate fare a meno di aspettare la summer card per inviare i messaggi agli amici, proprio voi che “uno squillo=ti penso, due squilli=mi piaci“, avete ora la possibilità di fare un tuffo nel passato. Da pochissimi giorni è su Netflix Dawson’s Creek, la serie tv statunitense di Kevin Williamson che ha accompagnato l’adolescenza di molti di noi (sì, è così).
Ricordiamo perfettamente le vicende della piccola città balneare Capeside, delle paturnie di Dawson, della “echepalleJoeydattiunamossa“, delle battute di Pacey e dell’adorabile nonna Evelyn e così via.
Dawson’s Creek ci ha fatto credere due cose:
- I sentimenti autentici esistono
- I bravi ragazzi sono invisibili ai nostri occhi.
Più di tutto, la serie ci ha fatto battere il cuore e, forse le nuove generazioni non potranno capirlo, ma il teen drama era davvero un evento da vedere e condividere con gli altri, non su Twitter, ma il giorno dopo appena prima di entrare in classe.
Flop
Voci di corridoio sembrano dire che Equinox sia una sorta di Dark o Stranger Thinghs. Beh. Andiamoci piano. Si tratta in realtà di una serie danese scritta dalla showrunner Tea Lindeburg e ispirata al noto podcast Equinox 1985. Prodotta e distribuita da Netflix, uscita sulla piattaforma negli ultimi giorni del 2020, da subito è entrata nel top ten dei più visti. Perché?
Quella che pongo è una domanda abbastanza stupida considerando che io sia stata la prima a cedere alla curiosità. La mini serie, sei episodi in tutto, narra le vicende della di classe di liceali scomparsi senza lasciare traccia. Astrid, la protagonista di 9 anni, è la sorella di Ida, uno degli studenti scomparsi, che vive tormentata da orribili visioni dopo la sua scomparsa.
Personalmente non ho amato il finale della serie: vi era un grande potenziale, ma è stato sprecato. Equinox un merito però ce l’ha: quello di avere portato in evidenza la divinità del culto germanico Ostara, uno degli otto sabbat pagani. La festa di Ostara celebra la rigenerazione della natura e la rinascita della vita, coincidente con l’equinozio di primavera, da qui il titolo Equinox.
Personaggio Pop
Un po’ per noia, un per curiosità, tempo fa ho voluto dare una chance a Jane The Virgin, la serie tv di Netflix basata sulla telenovela venezuelana Juana la virgen creata da Perla Farías. Nelle cinque stagioni si snoda la vita di Jane Gloriana Villanueva che sogna di diventare una scrittrice ma che per un errore medico si ritrova incinta a 23 anni. Da qui, un susseguirsi di vicende dove compare anche lui, il mio personaggio pop.
Parlo di Rogelio De La Vega, padre di Jane, interpretato dall’attore messicano Jaime Camil che incarna il ruolo, a sua volta, di un famoso attore di telenovelas. La serie tv è comica, divertente, surreale, nulla di impegnativo: l’ideale per concedersi una tregua dalla pesantezza quotidiana. Morti che riappaiono, omicidi palesi mai scoperti, figli improbabili e colpi di scena ogni 3×2. Nonostante tutta la leggerezza di cui vi parlo, la serie ha ottenuto diversi riconoscimenti e anche il “mio” Rogelio ha ottenuto una Candidatura come Miglior attore non protagonista in una serie commedia ai Critic’s Choice Television Award.
Rogelio, con il suo egocentrismo, finisce per essere uno dei personaggi più amati della serie perché è divertente e leggero nelle sue azioni e noi, di cose pesanti, non ne possiamo più.